Abou Elkassim Britel, 15.giorno di sciopero della fame – Rapporto sulle prigioni marocchine

Insieme con gli altri fratelli Kassim continua lo sciopero della fame nel carcere di Oukasha.
Anche a Kenitra lo sciopero prosegue. Nelle ultime ore alcuni dei fratelli sono rientrati nel reparto dalla detenzione in segreta, dopo la brutale repressione del 2 dicembre. 6 sarebbero quelli ancora in cella di punizione.

Lo stesso giorno Khadija Ryadi e Abdel-ilah Benabdessalam, Presidente e vicepresidente dell’AMDH, sono stati aggrediti con parole pesanti dal Delegato generale dell’amministrazione penitenziaria nel corso di un incontro proprio sulla situazione dei detenuti islamici [si veda la pagina in arabo del sito].

Il giorno 4, mentre in tutte le carceri del Marocco i detenuti islamici si astenevano dal cibo in solidarietà con i loro compagni in sciopero della fame, le famiglie con l’associazione an-Nasir, partecipavano ad una protesta a Rabat. Il previsto sit-in davanti al Ministero di giustizia è stato impedito dalla polizia, i manifestanti dirottati al CCDH [il Conseil Consultatif des Droits de l’Homme, un organo statale] che negli anni ha già raccolto altre denunce peraltro senza seguito.

Alla protesta hanno partecipato diverse associazioni dei diritti umani, in particolare la Presidente dell’AMDH e quella della FIDH, nonché la tv al-Jazeera che la sera ha dedicato un servizio alla grave e non nuova situazione dei cosiddetti “islamistes” nelle prigioni del Marocco.
An-Nasir organizza in occasione del 61. anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, il 10 dicembre, un altro sit-in davanti al Ministero di Giustizia e chiede a tutti coloro che realmente si preoccupano dei diritti umani di sostenere le legittime esigenze di questi detenuti, difendere la loro dignità e rivendicare la loro libertà.

Gli stessi detenuti hanno redatto il breve rapporto che segue con lo scopo di denunciare ancora una volta la loro condizione, chiedono ascolto e prese di posizione nei confronti del Regno del Marocco che ignora l’ingiustizia che patiscono da tempo.

Rapporto generale sulla situazione dei detenuti islamici [i cosiddetti “islamistes”] nelle carceri del Marocco
In verità «salvaguardare la dignità dell’uomo, difendere i suoi diritti» è uno degli slogan più ripetuti e ostentati dal Regno del Marocco in questa «nuova era» [il regno di Mohammed VI] con lo scopo di uscire dal collo di bottiglia ereditato dagli «anni di carbone incandescente e piombo» [il regno di Hassan II].
La situazione delle carceri smentisce e smaschera questa dichiarazione. Dopo la nomina – aprile 2008 – del Delegato generale dell’amministrazione penitenziaria e per il reinserimento – già comandante generale della polizia e già coinvolto, secondo alcune associazioni dei Diritti umani, in gravissime violazioni – le condizioni nelle prigioni marocchine sono peggiorate ancora.
Per provarlo esaminiamo qualche elemento relativo ad alcuni istituti di detenzione a testimonianza delle pessime condizioni della maggior parte delle carceri del Regno e della dimensione dell’incuria da parte dei responsabili nei confronti dei detenuti.
1 – Prigione locale di Oukasha a Casablanca. L’attuale Direttore è coinvolto nella tortura dei detenuti islamici nel carcere Zaki a Salé (2003-2008), come dichiarano diverse Ong dei Diritti umani.

Ecco riassunte le condizioni degli “islamistes” a Oukasha:
– mancanza totale di cibo, poiché quello che si vorrebbe imporre ai prigionieri non verrebbe servito nemmeno a degli animali [per assenza di qualsiasi accorgimento igienico e cattiva qualità]. Questo fatto denota il massimo dell’umiliazione e del disprezzo,

– zona dell’aria di dimensioni assai ridotte rispetto agli standard previsti,

– celle vuote tenute chiuse, nonostante le celle singole siano abitate da più di una persona,

– l’istruzione scolastica, peraltro prevista dall’ordinamento, e la formazione professionale sono vietate,

– l’accesso alle cure mediche ed il ricovero in ospedali specializzati per i casi gravi sono impediti [ci sono stati casi di morte anche a causa delle cure negate],

– perquisizioni personali assai frequenti e provocatorie per la dignità del detenuto, con danneggiamento e/o sequestro di effetti personali e oggetti indispensabili,

– divieto di accesso ai mezzi per la crescita culturale e ai servizi del carcere [ad es. campo di calcio, sala di informatica].

2 – Prigione centrale di Kenitra. I detenuti islamici per protesta contro le assai dure condizioni di vita erano in sciopero della fame al 27 novembre 2009. Pochi giorni dopo la Direzione locale è intervenuta con violenza usando i bastoni per imporre l’interruzione dello sciopero. L’aggressione violenta e barbara ha provocato:
– diversi detenuti torturati,
– alcuni detenuti svestiti e scherniti per la nudità e l’esposizione delle parti intime con la scusa di cercare oggetti proibiti,
– sequestro di tutti gli oggetti indispensabili per sopravvivere, come coperte, materassi, fornellini, … [già acquistati in precedenza dalle famiglie],
– il trasferimento di un certo numero di detenuti bendati ed ammanettati in celle di detenzione con insulti e percosse.
3 – Carcere agricolo di Settat. I detenuti islamici oltre alla privazione dei diritti al cibo, alla cultura, a momenti ricreativi, all’abbigliamento, … indicano che il problema più grave è il divieto di ricovero in ospedale di malati gravi e in condizioni critiche [2 casi in questo momento].
Infine, ricordiamo che le inumane condizioni delle carceri non ci fanno dimenticare che non esiste giustificazione per la nostra detenzione, ma che essa deriva da ordini segreti, al di fuori della legge. Né dimentichiamo che le pene che noi subiamo non provengono da processi equi, ma da processi senza alcuna qualità di giustizia, imbastiti su parole strappate sotto tortura.
Non solo, anche coloro che hanno commesso reati, sono stato condannati senza considerazione per particolari condizioni, come previsto dalla legge [ad es. malati cronici, minorenni].

Gli eccessi sono stati confermati dallo stesso Re, oltre che dalle Ong nazionali ed internazionali che più volte hanno pubblicato e documentato nei loro rapporti annuali le iniquità e le violazioni. Eppure nessuno ha trovato una soluzione equa di questo dossier del quale sono state vittime migliaia di persone, delle quali ancora circa 1000 sono detenute.

Marocco, 6 dicembre 2009

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Una risposta a Abou Elkassim Britel, 15.giorno di sciopero della fame – Rapporto sulle prigioni marocchine

  1. talib ha detto:

    http://talib[..] Abou Elkassim Britel, 15. giorno di sciopero della fame – Prigioni marocchine Dal blog per Kassim Insieme con gli altri fratelli Kassim continua lo sciopero della fame nel carcere di Oukasha. Anche a Kenitra lo sciopero prosegue. Nelle ultime ore alc [..]

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