26 giugno 2009 : ABOU ELKASSIM BRITEL È ANCORA INGIUSTAMENTE DETENUTO
Mi dissero che se avessi raccontato questa storia come la leggevano, sarei andato in tribunale come testimone e la tortura sarebbe terminata. Non ce la facevo più […] e alla fine ripetei quello che mi avevano letto. (1)
E se, quando avevi finito di rovinargli per sempre la vita, veniva fuori che ti avevano dato l’uomo sbagliato, potevi concedergli il privilegio di farti da spazzino e raccogliere il pattume degli altri prigionieri. (2)
Anche nel 2008 abbiamo ricordato questo giorno. Un altro anno di vita è andato, perso in una pena infinita per Kassim, in sforzi inutili per me.
Non ci sono parole che possano rendere ciò che attraversiamo giorno, dopo giorno nella strenua difesa di noi stessi, della nostra dignità, del nostro buon nome.
In un paese ridicolizzato e stravolto dai vizi del suo premier, che irride chi fatica, chi lotta, chi crede, chi reclama i suoi diritti di essere umano e di cittadino, non c’è posto per Abou Elkassim Britel e la sua famiglia.
La sofferenza fisica e mentale che ci vengono inflitti da anni sono tortura. E voglio qui ricordarlo ancora una volta, l’Italia è complice, un complice che con il suo silenzio continuato, con il suo disinteresse ci condanna ogni giorno.
Non ci sono parole che possano rendere ciò che attraversiamo giorno, dopo giorno nella strenua difesa di noi stessi, della nostra dignità, del nostro buon nome.
In un paese ridicolizzato e stravolto dai vizi del suo premier, che irride chi fatica, chi lotta, chi crede, chi reclama i suoi diritti di essere umano e di cittadino, non c’è posto per Abou Elkassim Britel e la sua famiglia.
La sofferenza fisica e mentale che ci vengono inflitti da anni sono tortura. E voglio qui ricordarlo ancora una volta, l’Italia è complice, un complice che con il suo silenzio continuato, con il suo disinteresse ci condanna ogni giorno.
Dalla prigione di Oukasha – Cinque mesi fa, senza alcuna motivazione contingente, Kassim era stato messo in una cella assai piccola con un compagno. Tutti e due hanno problemi seri di salute, patologie che richiedono differenti attenzioni e precauzioni igieniche. Insomma, l’ennesima provocazione.
Mio marito ha coraggio, non demorde, tratta e media, difende la sua vita, e raggiunge anche dei risultati, nei giorni scorsi ha ottenuto di tornare in una cella da solo, e questo è un bene viste le condizioni del carcere.
Intanto in Marocco molto si discute dei detenuti a seguito degli iniqui processi del 2003. È un dibattito di supporto ad una soluzione forse ancora lontana e la cui necessità – reclamata da larga parte della società civile – non è ancora completamente condivisa dal palazzo.
Mio marito ha coraggio, non demorde, tratta e media, difende la sua vita, e raggiunge anche dei risultati, nei giorni scorsi ha ottenuto di tornare in una cella da solo, e questo è un bene viste le condizioni del carcere.
Intanto in Marocco molto si discute dei detenuti a seguito degli iniqui processi del 2003. È un dibattito di supporto ad una soluzione forse ancora lontana e la cui necessità – reclamata da larga parte della società civile – non è ancora completamente condivisa dal palazzo.
(1) testimonianza di Mohamed Binyam su Témara in Voli segreti, Il rapporto del Consiglio d’Europa sulle operazioni coperte della CIA negli Stati europei, Ega Editore, 2006, p. 106
(2) Philip Gourevitch, Errol Morris, La ballata di Abu Ghraib, Einaudi, 2009, p. 189
(2) Philip Gourevitch, Errol Morris, La ballata di Abu Ghraib, Einaudi, 2009, p. 189